Anche Henry Ford dopo aver inventato la catena di produzione si rese conto che, con il cambio di stagione e il sopraggiungere del caldo, l’efficienza della produzione cala.
La soluzione fu la chiusura estiva degli impianti manifatturieri, abitudine che rimane inalterata dagli inizi del ‘900, abitudine ma non vera necessità.
La temperatura di esercizio per mantenere i lavoratori alla massima efficienza è compresa tra 20° e 23°. Al di sotto aumentano i tassi di errore, al di sopra la produttività diminuisce.
La qualità negli ambienti di lavoro è vista come costo se non si hanno gli strumenti per rilevare gli indici di spesa nella maniera corretta.
La fermata estiva si sfrutta per gli interventi di manutenzione, migliorare alcune aree o aggiornare e formare i lavoratori.
Un’azienda digitalizzata è in grado di programmare e prevedere anche i comportamenti umani, siano essi dipendenti che clienti o fornitori.
Nonostante l’estate 2022 si delinea come rovente in molti sensi, le cause di quanto avviene oggi sono da ricercarsi nel secolo scorso.
Dopo il fallimento del just in time durante il covid, il mondo produttivo ha capito che il modello vincente si chiama sostenibilità, che fa solo rima con rapidità.
Il “modello Toyota” è stato teorizzato da Ford negli anni 20 del ‘900, ma solo negli anni ‘50 è stato possibile realizzarlo dai Giapponesi. Ritenuto spesso il modello di produzione ideale dalle aziende a partire dagli anni ‘80, è un modello che prevede velocità di reazione, capacità di adattamento e riduzione al minimo dei costi di stoccaggio.
Dopo un secolo di onorata carriera, eventi catastrofici hanno incrinato la credibilità del just in time, le forze di una singola azienda sono palesemente inutili se non messe in relazione con quelle di tutte le altre aziende.
Dopo più di un secolo di inquinamento il mondo è costretto a correre ai ripari per l’aumento della temperatura ma 100 anni di interventi emergenziali non sono bastati per trovare una soluzione alternativa.
Anche quando si parla di migliorare la produzione la discussione è ancora ferma nel braccio di ferro tra sostenibilità sociale e sostenibilità economica.
La credenza in cui, potendo essere totalmente flessibili, è possibile reagire agli eventi talmente in fretta che è sempre più conveniente guardare solo al profitto, sta mutando nella necessità di maggiori garanzie.
I fattori sociali e ambientali sono più rilevanti di prima, ma non potendo essere governate da leggi economiche, necessitano di un approccio differente.
Così come nella favola della cicala e della formica, il progetto a lungo termine dell’insetto più previdente, gli permette di resistere al periodo invernale in cui c’è assenza di materia prima, le aziende non possono più sfuggire alla pianificazione a lungo termine di sé stesse.
Dopo anni in cui velocità e flessibilità sono state prioritarie, si entra in una fase di progettualità sostenibile, dove stabilità e previdenza raggiungono la vetta dettando nuove regole del gioco.
È ora di tornare ad investire nel lungo periodo, l’unico progetto che restituisce più di quanto si spende è la digitalizzazione.
Un percorso che nel tempo, con interventi mirati, riesce a migliorare ogni aspetto delle aziende.
Come system integrator interveniamo per dare benessere agli impianti, alle persone e all’ambiente. Le nostre soluzioni permettono alle aziende di affrontare tutti gli aspetti che la renderanno stabile nel tempo, guardando al futuro come una sequenza precisa di passi da compiere per percorrere una strada senza fine.